Quote latte, annullate tutte le multe

Quote latte, annullate tutte le multe

Arriva la prima sentenza del Consiglio di stato che cancella le multe latte non riscosse, facendo sue le motivazioni con cui la Corte di giustizia europea, il 27 giugno scorso, ha bocciato il metodo di compensazione scelto dall’Italia nel riassegnare le quote non ripartite (si veda ItaliaOggi del 28/6/2019). Un metodo che non ridistribuiva proporzionalmente le quote tra gli allevatori, che avevano splafonato, ma dava priorità a categorie di operatori condizionati nell’attività di impresa da strutturale debolezza (art. 1, comma 8 della legge 118/99). Contraddicendo, così, il dettato normativo dell’Unione europea, che all’articolo 2 del regolamento Ue n. 3950/1992, paragrafo 1, comma 2, imponeva che la ripartizione avvenisse in maniera proporzionale tra tutti gli allevatori che avevano superato la propria quota produttiva.

Così, il Consiglio di stato, si diceva, ha annullato gli importi da pagare allo Stato a titolo di «prelievo supplementare». Ma ha salvato gli ulteriori provvedimenti decisi della Autorità amministrativa, respingendo le istanze di risarcimento danni. La pronuncia dei giudici di palazzo Spada è giunta con sentenza del 24 settembre 2019, pubblicata il 18 ottobre 2019 e relativa al ricorso protocollato con numero 4934/2013.

La pronuncia dei giudici di Palazzo Spada riguarda le prime multe, in particolare quelle relative agli splafonamenti conteggiati tra il 1996-1997 e il 1997-1998, quando ancora l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea) non esisteva e i provvedimenti sanzionatori (prelievi supplementari) venivano comminati alle aziende agricole dalla vecchia Azienda di stato per gli interventi nel mercato agricolo (Aima). Eppure, nonostante interessi solo due anni di regime sui venti complessivi, questa sentenza è destinata a mutare radicalmente la percezione che si ha della vicenda quote latte e degli splafonatori inadempienti; per la prima volta, infatti, gli allevatori che si sono rifiutati di pagare le multe vedono accolte le loro ragioni anche in Italia. Non solo. Secondo quanto risulta a ItaliaOggi altre sentenze, pronunciate nei giorni scorsi da palazzo Spada, starebbero ribadendo il medesimo principio per le annate dal 1995/96 al 2003/04.

Il paradosso. In sede di giudizio, l’amministrazione italiana ha contestato ogni richiamo degli allevatori multati alla pronuncia della Corte di giustizia di fine giugno, poiché «gli interessati non hanno fornito alcuna prova del fatto che spetterebbe agli stessi un Qri (Quantitativo di riferimento individuale) diverso da quello assegnato»; «sicché», per il legale che tutelava in giudizio gli interessi dello stato italiano, «non vi sarebbe alcun bisogno di applicare la disciplina sottoposta al vaglio della Corte di giustizia». Ma il Consiglio di Stato, in proposito, ha rilevato che «tale deduzione risulta contraddetta dalle stesse deduzioni dell’amministrazione (italiana) in sede di osservazioni dinanzi alla Corte europea», laddove si è sostenuto che «Nel caso in esame è pacifico che lo Stato italiano ha inteso operare la “compensazione nazionale/riassegnazione dei Qri inutilizzati” fissando criteri obiettivi di tipo non proporzionale». Tradotto: nella memoria difensiva depositata in Corte di giustizia lo stato italiano ha ammesso di non aver fatto ricorso all’unico criterio dettato dall’Unione europea per redistribuire quote aggiuntive tra gli allevatori. Queste osservazioni sono state depositate dall’amministrazione italiana il 13 settembre 2018, nella causa C-348/18, la cui pronunzia è proprio quella depositata il 27 giugno 2019, che rela la bocciatura del metodo di ripartizione scelto dall’Italia.

La conseguenza. «Essendo inevitabilmente alterato il meccanismo di compensazione-riassegnazione applicato dall’Italia» perché «non conforme al dettato comunitario», scrive il Consiglio di stato, ora «l’Amministrazione» deve «procedere ad una complessiva rideterminazione, in sede di emanazione degli atti ulteriori». Ne consegue che «devono essere annullati i provvedimenti gravati». Tradotto: prima di emanare nuovi atti amministrativi o sanzioni, lo stato italiano ricalcoli tutto. Daccapo.

Fonte: ItaliaOggi

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